Come tanti, nel mondo anche io ho un fratello ed una sorella. Senza volere raccontare in profondità la nostra infanzia, in pieno dopoguerra, nonostante i vari problemi che tutta l'Italia aveva, stranamente, nei miei ricordi restano cose a dire poco divertenti.
Tra me e mio fratello c´e appena un anno di differenza, per cui non esisteva alcun gap generazionale. Pur essendo il primogenito non avevo alcuna autorità, come poteva succedere nei tempi biblici, anzi.
Comunque eravamo parecchio affiatati, tolto qualche diverbio su chi doveva lavare i piatti.
Avete presente quei due personaggi di tanti anni fa sul "Corriere dei Piccoli", Bibí e Bibó? Oppure i loro omologhi della letteratura infantile tedesca "Max und Morris"? Bene, una specie di fatti conto.
A quei tempi non si buttava via assolutamente nulla. Tutto veniva messo da parte. Avevamo la Scatole dei bottoni, ove non so da dove arrivavano infiniti bottoni, da quelli per camicia, a quelli grossi per giacche, ed anche ornati di tessuto, che nessuno ovviamente usava mai. La scatola degli spaghi, ovvero, ogni pezzo di spago veniva conservato. Per fare cosa poi? non lo so. Non si doveva buttare via nulla. Tutto poteva servire, un giorno.
Qualsiasi resto commestibile, proprio immangiabile, andava in una pentola apposita, "per le galline", bucce di patata e scarti vari. La signora che abitava a piano terreno ed era anche la padrona di casa, nel cortile, aveva, appunto, un pollaio. Quando le portavamo i resti, ella lavava la pentola e ci regalava una mela in pagamento. Do ut des.
Ma adesso che mi viene in mente, mai un UOVO. Va ben,legge di mercato.
Comunque, spesso, anzi, raramente, capitava che qualche maglia o maglione di lana, non fosse più usabile, sia perché troppo piccolo, o per altre ragioni. E qui subentrava un lavoro molto complicato. Smontare, disfare, fate voi, i suddetti pezzi di abbigliamento, e recuperare la lana, facendone gomitoli. Potesse servire quella lana per sferruzzare ascoltando la radio, la sera ,per produrre altre cose. Riciclare, insomma. Solo che nessuno in tutta la famiglia, mai si dedicò a creare qualcosa con quei gomitoli di lana.
Passarono gli anni, e quella scatolona di gomitoli variopinti, sempre ci seguiva nei vari traslochi. Il tenore di vita miglioró, e lo scatolone era sempre presente. Nel frattempo le tarme avevano preso possesso di quel paradiso,( per loro), ed un bel giorno fu deciso di buttare tutto via.
Per cui una sera, col buio, mio fratello ed io ci recammo verso uno dei bidoni per la spazzatura. Solo che cominciammo a giocare con quei gomitoli. Ad un certo punto uno di questi lanciato in alto, passó sopra un ramo di un maestoso albero che si affacciava solenne, sulla strada. Ricadendo, un filo rimase impigliato ai rami lasciando una linea di lana fino quasi a terra.
Divertente. Cominciammo a gettare per aria un gomitolo dopo l'altro, riuscendo a lasciare centinaia di fili appesi ai rami. Un effetto bellissimo, e tante risate.
E fu cosi, che quell'albero rimase per mesi ornato da tanti fili di lana,albero di Natale fuori stagione, che la pioggia e le intemperie poco a poco fecero scomparire
Nessuno, credo ,seppe mai il perché di quell'ornamento su quell'albero, e tanto meno degli autori di quell'opera d'arte cosi all'avanguardia.
Ancora adesso, quando ci incontriamo, ricordiamo con orgoglio la nostra prodezza di allora.
me lo ricordo anch'io l'albero della lana.
RispondiEliminaciao.
tua sorella
Anche tuo fratello se lo ricorda e lo ha già raccontato a qualcuno. Da tempo non è più una cosa tanto intima.
RispondiEliminaCiao.
Tuo fratello.
L'ho già sentita. Tuttavia tu sei colui che sa raccontarla meglio. Sei un maestro della penna.
RispondiEliminaCiao, tua cognata
Non faccio parte della famiglia, ma quell'albero della lana è come se lo vedessi anch'io. Un'opera d'arte !
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