Pedrabranca. (Ceará) Brasil

lunedì 23 maggio 2011

Grana Padano.

Foto da web
Buono eh? Il grana padano, fratello del Parmigiano, e del Grana trentino. Dipende dalla zona di produzione il nome. Ma a produrlo...un mazzo tanto.


Io non credo molto a quelli che si lamentano di non trovare lavoro. Lo cercano sperando di non trovarlo. Se uno si adatta, un lavoro lo trova sempre. Non certo da direttore o da manager, ma se ha voglia,qualcosa riesce a trovare. Capitó quindi che mi fu suggerito di presentarmi in un caseificio, in quel di Mantova, ove appunto si produceva , e si produce tuttora, il Grana Padano.
Il giorno dopo senza tante storie ero assunto. WOW !!
Cominciò una vera battaglia. Inizio del lavoro ore 2 del mattino. Se per caso si ritardava a cominciare per qualche ragione, l'orologio veniva messo sull'ora dell'inizio, perché le operazioni avevano un succedersi ben definito. Al nostro arrivo le "Caldere", una volta scaldate con fuoco a legna, ora con il vapore, erano già piene di latte.
Un fiume di latte. 11 quintali cadauna, che doveva essere riscaldato a 23 gradi, non più e non meno.
 Primo lavoro, si dovevano sistemare le forme della lavorazione precedente, che erano allineate su tavoloni a sgocciolare. Avevamo una specie di seggiovia che faceva il giro di tutti i locali. Il locale delle vasche di salamoia, tanto salata da sembrare olio,da cui venivano estratte quelle che erano li da 28 giorni. (come una fase lunare, mica scherzo.)
Qui subentra il ritmo della natura. Non si scappa.
Quelle del momento andavano in una altra sala, in cui finalmente erano tolte dalla "Fascera", e cominciavano ad avere la forma che tutti conosciamo. Quelle della salamoia erano messe in una cosiddetta Camera calda, per asciugare, per poi andare finalmente nel magazzino di maturazione in cui passavano almeno 9 mesi
Nel frattempo sempre guardando l'orologio, lavare le vasche da cui in cui era stato depositato il latte 6 ore prima. Alte sui 10 cm per tre metri e larghe circa un metro. Per fare affiorare la panna. Era compito di un uomo di fiducia del "Casaro", una specie di Dio, a fare si che nelle caldere non arrivasse più di una certa percentuale di panna.
Nessuno ha idea di quanta acqua serva in un caseificio. Metà del lavoro è lavare tutto e dappertutto. Altro che risparmiare l'acqua evitando di usare lo sciacquone quando si fa pipì, per risparmiare. Grande cretinata. La panna poi diventava burro in un altro reparto. Ottimo.
Io lo mangiavo a mozzichi altro che colesterolo. Voglio dire che mensilmente ci veniva erogata una certa quantità di grana, (e qui la parola "grana" ci sta bene nel senso di "quattrini"), e non ricordo quanto burro. Cavoli. Siamo solo all'inizio, e temo che questo post diventi troppo lungo. Vabbè.
Insomma a questo punto, senza raccontare tanti particolari, in cui bisognava fare calcoli ben precisi per poter fare pipì, nel frattempo il latte finalmente era cagliato. Era ora de "spinar" ovvero, rompere la cagliata. Mica facile. Deve essere sminuzzata in modo uniforme, della grandezza di un grano di riso, a giudizio del Dio Casaro. Un attrezzo come un mappamondo fatto da lamine taglienti, e bisognava riuscire a fare un gorgo, per cui tutta la cagliata potesse avere una rottura uniforme. Io imparai abbastanza presto. Lo ho sempre detto che sono un ragazzino vispo, e quando faccio qualcosa cerco di farlo meglio degli altri.
Franco!! A spinar! Pronto. Creare un movimento verticale -circolare in 11 quintali di latte è mica facile. Da notare che la "caldera" in rame fatta a cono e profonda circa due metri. Già mi sento stanco solo a raccontare tutto questo.
Temperatura a 60 gradi, per un po', ed è ora di "cavar', ovvero estrarre la pasta dal fondo. Tagliata in due con un attrezzo modernissimo, ed anche questo era mio compito, si faceva emergere, con una particolare arte, aiutati da una pala di legno, le benedette forme. Immergere le mani nel siero piuttosto caldo, anzi, caldissimo, tanto che i primi tempi le mani sembravano salsicce, per cui il Casaro mi diceva che dovevano cuocere, per poter lavorare il formaggio. Divertente.
Ed ecco salire a galla due mallopponi di non so che cosa, che ancora non era formaggio, e immergendo le mani fino al gomito, bestemmiando dentro di me, si raccoglieva dentro un telo, anzi due, il risultato. Un palo di traverso, a sgocciolare. Circa 60 chili di prodotto da 11 quintali di latte.
Ettolitri di siero. E dove andava a finire? Ai Maiali.
Ma non prima di essere centrifugato per estrarre i residui di grasso, o panna che dir si voglia. Mescolato a granaglie varie. Dove ero io erano circa 5000.
Passati in una vaschetta di acqua calda, in due si mettevano nelle "fascere", tanto che non si spetasciassero, e finalmente, dopo avere pulito, lavato, controllato tutto avevamo finito. E si andava a casa. Verso le sette del mattino. Mi fermavo al supermercato, e, a casa mi facevo una bella mangiata. Una spaghettata, una bisteccona, mezzo litrozzo, o anche piú, e a dormire.
Tutto finito? Col cavolo!! Al' una e mezza dovevo essere di nuovo lì per il latte che nel frattempo era  pronto ad essere lavorato.
Stessa via crucis. Sopravvissuto a tutto questo, da allora non ho piú avuto paura di niente.
Le mucche danno il latte anche a Natale, Capo d'anno, per cui, essendo solo ho passato parecchie feste comandate in caseificio, al posto di qualcuno che meritava di passare qualche momento felice con famiglia e figli
. Mi viene da ridere adesso quando con dieci litri di latte produco il formaggio. Circa mezzo chilo. Non riesce ad invecchiare, naturalmente. Ed il clima non aiuta molto. Comunque è mangiabile.
A Priscilla, mia figlia, non piace. E te pareva?

3 commenti:

  1. Ma somiglia al grana? Cioe', sei riuscito a fare il grana?

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  2. Ma neanche per idea! Deve stare un mese in salamoia, e poi quasi un anno in magazzino a maturare. Il mio mezzo chilo, dopo una settimana é finito.

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  3. Non sapevo che il grana costasse tanta fatica.Che costasse,invece, lo so?Qui in Belgio è come oro.
    A presto

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